Prodotti tipici

Il formaggio Ambra di Talamello

Nell’entroterra romagnolo nelle province di Rimini e Forlì-Cesena vi sono molte fosse in cui, anticamente si usava stoccare il formaggio per conservarlo e salvaguardarlo da incursioni in ogni epoca storica fino agli ultimi due conflitti mondiali.

Di forma spesso irregolare, particolare dovuto alla sistemazione nella fossa, L’Ambra di Talamello , si presenta di colore dal giallo paglierino al nocciola pallido e di pasta chiara e morbida.

La struttura è friabile e il sapore dolce e leggermente piccante. Caratteristico il suo aroma di fungo che, insieme a quello di castagna lessa, al sentore di cantina, di telo e di chiuso, si perde non appena viene masticato. 

Un formaggio da meditazione, che va assaporato poco per volta, masticandolo lentamente. Oltre che grattugiato e saltato in padella con paste e gnocchi, può essere gustato anche con la confettura di fichi e il miele, che ne smorza la forza senza disperderne l'aroma.

Il formaggio di fossa a tavola, e’ un prodotto che presenta caratteristiche organolettiche decisamente nette e persistenti. Considerando che il prodotto va sempre servito su preparazioni calde o comunque a temperature ambiente, le sensazioni che emergono sono sicuramente di buona aromaticita’ e di leggera piccantezza; presenza di grassezza e tendenza dolce, unite ad una pregevole sapidita’ che provoca succulenza.

Con tutte queste importanti caratteristiche, il vino piu’ adatto da abbinare al formaggio di fossa, e’ un vino bianco morbido, elegante e maturo, fine nei profumi e ricco di note aromatiche, con una piacevole freschezza ed una possente struttura che regalano una lunga persistenza gustativa.

Il vino deve offrire armonia e capacita’ di avvolgere il palato, per creare uno splendido equilibrio finale. I vini piu’ adatti da abbinare a piatti a base di formaggio di fossa sono: il Verdicchio dei Castelli di Jesi classico superiore, il Verdicchio di Matelica, ma anche una Rebola sapientemente affinato.

LA STORIA DELL’ AMBRA DI TALAMELLO

Secondo la leggenda, le origini del formaggio di fossa risalgono alla seconda metà del 1400. In quel periodo, infatti, i contadini dell’Appennino romagnolo-marchigiano per difendersi dai saccheggi, presero l’abitudine di nascondere le provviste nelle fosse scavate nella roccia arenaria; fu così che, finite le scorrerie e liberatisi dall’oppressione degli eserciti, procedendo al dissotterramento di quanto nascosto, scoprirono che il formaggio aveva cambiato, migliorandole, le proprie caratteristiche.

Il formaggio di fossa che oggi troviamo a Talamello è figlio di quella tradizione, che si rinnova mantenendo intatti gli antichi procedimenti di stagionatura. Già nel 1778, come comprovano alcuni documenti trovati nell’Archivio di Stato di Cesena, nel Convento di San Lorenzo di Talamello era consuetudine togliere il formaggio dalle fosse nel mese di novembre. Così, ogni estate, le fosse vengono ripulite e asciugate con un falò di paglia e sterpi poi si ricoprono le pareti con un'intelaiatura di legno e canne foderata di paglia.

Le forme ricavate dal latte ovino in agosto si dispongono nelle fosse in sacchi di juta bianchi. Una volta piene, le fosse si chiudono con tavole e gesso, per aspettare, oggi come in passato, la riapertura di novembre, quando il formaggio ha acquistato tutte le sue speciali peculiarità. 

A questo punto, i visitatori potranno osservare le fosse e rimarranno stupiti dal colore ambrato delle arenarie che per mesi hanno conservato quel "prezioso segreto" al quale il poeta e sceneggiatore Tonino Guerra ha dato il nome di Ambra di Talamello.

Successivamente, dopo aver sistemato sul fondo un tavolato rialzato per evitare il contatto fra il formaggio e il grasso disciolto, le pareti vengono ricoperte con un'intelaiatura di legno e canne foderata di paglia.

A questo punto le caciotte (prevalentemente pecorino) fatte un paio di mesi prima vengono stipate in sacchi di cotone bianco, dove sono stati scritti col nerofumo il peso e il nome del proprietario, e quindi disposti nelle fosse.

TALAMELLO

Il paese posto alle propaggini del monte Pincio fu proprieta’ della famiglia Della Faggiola e poi dei Malatesta.E’ possedimento della chiesa feretrana fino al 1296, quando il ghibellino Maghinardo Pagani, conducendo riminesi e montefeltrani assieme(caso raro nella storia di queste terre)riuscì a conquistarlo.

Il dominio duro’ poco e Talamello venne di nuovo soggiogato a Roma. Fu infeudato dal sommo pontefice a Uguccione della Faggiola, entrando sotto il controllo della casata.E’ il cardinale Egidio Albornoz che se lo riprende nel 1355.

Nel 1390 il castello viene venduto a Galeotto Malatesta e poi nel 1416 confermato a Carlo Malatesta.Pio II lo infeuda,come altri borghi vicini tolti a Sigismondo Pandolfo Malatesta, ai Guidi di Bagno e ai Malatesta di Sogliano. Con essi (1490) ha "inizio" la produzione di polvere da sparo nei mulini di Talamello che si concludera’ nella seconda meta’ del secolo XX, dopo circa 500 anni di attivita’.Un cenno di attenzione merita sicuramente il piccolo cimitero abbastanza vicino al paese,in cui si trova la cella che racchiude piccoli tesori artistici: infatti e’ completamente decorata con affreschi, datati 1437, di Antonio Alberti da Ferrara. 

A Talamello c’e’ anche uno splendido Crocifisso del ‘300 che,ogni lunedì di Pentecoste, portato in processione, richiama fedeli da tutta la zona limitrofa; molti ritengono che l’autore di questo Crocifisso sia Giotto, ma in realta’ pare sia attribuibile a Giovanni da Rimini e dipinto nel 1300. 

E’ conservato sull’altare maggiore della seicentesca parrocchiale di S.Lorenzo; sempre in questa piccola ma preziosa chiesetta si puo’ ammirare una Madonna con Bambino del ‘400, bella statua policroma lignea, ed un altrettanto ben fatto crocifisso ligneo del XVI secolo.

Il prestigioso patrimonio pittorico di Talamello è stato, nel 2002, arricchito con l’apertura del Museo-pinacoteca Gualtieri "Lo splendore del reale", costituito da oltre 40 tele che il pittore di origini talamellesi Fernando Gualtieri ha donato dal Comune.

Per chi capita in paese é d’obbligo una sosta alla grande fontana che abbellisce la piazza del paese e la camminata boscosa fino al Pincio, dove, tra castagni, pini e ricco sottobosco, si può ammirare tutta la Valmarecchia. Curiosi sono i due depositi di polvere da sparo a forma ottogonale, dei secoli XIX e XX (loc. Campiano), unici testimoni sopravvissuti al termine della produzione.

Talamello è sede di importanti iniziative di valorizzazione di prodotti tipici. Ad ottobre la Fiera delle Castagne della Valmarecchia, mentre in novembre Talamello diventa la capitale del formaggio di fossa, con una bella fiera dedicata al prodotto: questa caciotta, tipica della zona, viene fatta riposare e maturare in fosse ottenute nel banco di roccia arenaria su cui e’ fondato il paese stesso(il nome infatti deriva da thalamos, cioe’ grotte, abitazione); dopo tre mesi di stagionatura la caciotta e’ pronta ad essere consumata e prende il nome di L’Ambra di Talamello (così "battezzata" dal poeta Tonino Guerra), considerati gli odori e i sapori con cui si arricchisce.

Questa usanza di mettere il formaggio nelle fosse non nasce con intento culinario: tutto il procedimento pare risalga al medioevo quando gli allevatori della zona dovevano nascondere i formaggi ai predoni e ai ladri; o piu’ semplicemente era necessario che li conservassero per un periodo piu’ lungo senza che questi seccassero eccessivamente. In questo caso si perde un poco di poesia, ma il sapore di questo prodotto rimane sempre impareggiabile.

Talamello è noto anche come patria del musicista Amintore Galli, autore dell'Inno dei Lavoratori, che insieme a Bandiera Rossa e a L'Internazionale rappresenta uno dei tre inni più significativi del movimento operaio italiano.

Da oltre venti anni Talamello dedica al formaggio di fossa una specifica fiera, che si svolge nelle prime due domeniche di novembre.


 



 



 



Ricette

L’ambra di Talamello è un formaggio delicato ma al contempo saporito che si abbina, a seconda della sua stagionatura con varie pietanze.

Tagliato fresco di fossa: come antipasto con aceto balsamico o con verdure fresche a pinzimonio Semi stagionato e Stagionato : a scaglie o grattugiato sulla pasta o come farcitura delle note Cresce Sfogliate di Urbino