Territorio

Sulmona ed i suoi prodotti

Sulmona è una bella città abruzzese in provincia de L’Aquila che oggi conta circa 25.000 abitanti. 

È un luogo immerso nel verde, non distante dal Parco nazionale della Majella, con un caseggiato che non si sviluppa molto in altezza a causa della frequente attività sismica del territorio sul quale sorge, che ha imposto alla città severe restrizioni urbanistiche ma che le ha regalato, in cambio, un aspetto armonioso.

Sulmona ha una storia antica: già possedimento dei Peligni, divenne successivamente municipio romano e infatti molto dell’arte romanica si può rintracciare nel suo aspetto ancora oggi.

Vale sicuramente la pena visitare questa città, che ha dato i natali a Publio Ovidio Nasone (43 a.C. – 18 d.C.), famoso poeta latino meglio noto solo come Ovidio, autore, tra l’altro, delle "Metamorfosi” e ricordato più volte dal sommo Dante negli scritti sulla mitologia antica; una città decorata della Medaglia d’Argento al Valor Militare per la Guerra di Liberazione e, passando per così dire dal sacro al profano, una città che ha saputo tenere alta la qualità di uno dei suoi prodotti artigianali più conosciuti in Italia e nel Mondo: i confetti.

Oltre ad essere ampiamente riconosciuta come la patria del confetto, Sulmona è anche la città natale del poeta Ovidio, il luogo in cui Celestino V – Papa del gran rifiuto – cercò sollievo nel tredicesimo secolo, ed infine il centro di produzione del famoso Aglio Rosso di Sulmona.

La città ospita un imponente calendario di eventi durante tutto il corso dell’anno, che raggiunge il suo apice durante il periodo estivo con la Giostra Cavalleresca di Sulmona e nel periodo Pasquale con i riti della Processione del Venerdi Santo e della Madonna che scappa in Piazza.

Ricca di strutture ricettive di ogni livello, ristoranti tipici, locali e piccole boutique, Sulmona è la meta ideale per una gita fuori porta o una vacanza alla porta dei grandi Parchi d’Abruzzo.

 
Svetta sul panorama il campanile di 65 metri del Complesso della Santissima Annunziata, costruito tra il 1565 e il 1590. La chiesa fu fondata nel 1320 dalla confraternita dei Compenitenti ma, a causa di rovinosi terremoti, non conserva tracce dell’originaria costruzione e, a seguito del sisma del 1706, ha addirittura assunto un aspetto barocco.

L’interno, magnificamente rifinito in stucchi, è diviso in tre navate e presenta i lavori di ottimi artisti che ivi hanno operato tra il 1500 e il 1700: da ricordare, sicuramente, i dipinti "Pentecoste” e "Comunione degli Apostoli”.

La chiesa, dopo il terremoto che ha colpito L’Aquila e provincia nel 2009, è stata parzialmente riaperta al culto nel 2010 e, in via definitiva, nel 2012.

La Giostra Cavalleresca di Sulmona

La Giostra Cavalleresca di Sulmona, affonda le sue origini al tempo degli Svevi, quando uomini forti dalla tempra guerriera si cimentavano in cruenti duelli.

Della giostra cavalleresca sulmonese, che si teneva due volte l'anno e in coincidenza di eventi particolari nel "Campo" di Piazza Maggiore, si hanno notizie solo a partire dal 1484, epoca in cui la regina Giovanna d'Aragona invitata i Sulmonesi a non sperperare denari "in correre de palii" ; ma tal genere di cimenti sicuramente vantava una lunga tradizione e forse non è azzardato farne risalire le origini al tempo degli Svevi, quando posizione strategica e favorevole congiuntura economica avevano fatto della città ovidiana una delle maggiori del Regno e la capitale d'Abruzzo.

In origine, con la partecipazione di cavalieri cittadini e forestieri, il torneo si celebrava a spese di due dei maggiori istituti laico-religiosi della città : la Casa Santa della SS.

Annunziata finanziava quello del 25 Marzo che coincideva con la festività dell'Annunciazione, differito all'ottava di Pasqua quando la ricorrenza cadeva in tempo di Quaresima, mentre la Chiesa di Santa Maria Della Tomba gestiva il palio dell'Assunta a mezzo Agosto.

In epoca post tridentina, invece, l'organizzazione venne curata dall'Università che se ne accollò totalmente la spesa per complessivi 40 ducati : 22 per il palio di primavera e 18 per quello d'estate.

Le norme raccolte dalla viva voce dei protagonisti e date alle stampe da Cornelio Sardi nel 1583, si componevano di 44 articoli che regolavano la manifestazione ed il comportamento dei cavalieri partecipanti alla tenzone.

Lo svolgimento della competizione, diretta dal mastro giurato della città, si riassumeva in uno scontro alla lancia tra cavaliere in lizza e "mantenitore", personaggio questo di gran coraggio, in quanto, armato e protetto dalla corazza, attendeva l'assalto del concorrente rimanendo immobile sul suo destriero all'altro capo dello steccato eretto lungo il percorso con teli colorati a dividere in due il campo di gara.

I giostranti, muniti di lunga lancia dalla punta opportunamente trattata con vernice così da lasciare traccia visibile nel punto colpito, uscendo dal varco dei "tre archi", che all'epoca si apriva tra le costruzioni addossate all'acquedotto medievale, galoppavano lungo lo steccato alla volta del "mantenitore", cercando di assestare quella che in gergo si chiamava la "botta". In base al bersaglio raggiunto, con verdetto insindacabile dei due giudici - anche questi di nobili ascendenze e, almeno uno, scelto tra le caste Sulmonesi - si assegnava il punteggio : tre "botte" per il colpo alla testa o alla mano, una "botta" se veniva raggiunto lo spallaccio o il petto, e così via. I punti raddoppiavano se nella veemenza dell'assalto la lancia si spezzava nell'impattare il bersaglio in quanto il fatto denotava una "botta" di grande possanza, oppure procurava ferita sanguinante al "mantenitore" : a parità di condizione prevaleva chi provocava "più copioso sanguinamento".

Colpo prestigioso, la cosiddetta "punteria", ossia quello portato contro la visiera che proteggeva il volto del "mantenitore" - in pratica al centro della fronte - giudicato vincente perché di grandissima importanza. La vittoria, e quindi il premio, consistente in un drappo di raso prezioso, andava al cavaliere che, corse le tre lance previste, totalizzava il maggior numero di punti. Quella giostra che nel Seicento - a detta del Pacichelli - fu dismessa "per disapplicazione e mancanza de' guerrieri" torna oggi a nuova vita sia pure inevitabilmente adattata ai tempi. Cambia il percorso e la funzione del mantenitore, niente assalti alla lancia né sanguinamenti, ma semplici anelli di diverse dimensioni da infilzare da parte del cavaliere che corre anche contro il cronometro, per cui vince chi consegue il risultato migliore nel minor tempo. Scomparsi anche i cavalieri solitari ed i nobili rampolli di antiche casate, oggi i fantini gareggiano in rappresentanza di Borghi e Sestieri.

Resta immutato invece il "campo" di gara di Piazza Maggiore, che oggi si intitola all'eroe dei due mondi anche se privo dei "tre archi" da dove prendeva le mosse la galoppata del cavaliere, ma non per questo difetta di suggestioni e di incomparabile bellezza : uno scenario sicuramente degno di ospitare la grande rievocazione storica che Sulmona si accinge a rivivere nella calura di un pomeriggio d'estate.

Il Confetto di Sulmona

Se si è appassionati di dolciumi una tappa obbligata è quella alla fabbrica "Confetti Pelino” (fondata a Introdacqua nel 1783 e poi trasferita nella vicina Sulmona nel 1852) che, nel gennaio 1992, insieme all’annesso Museo dell’arte e della tecnologia confettiera, è stata persino dichiarata Monumento nazionale dal Ministero dei Beni culturali e ambientali.

In questa struttura, non solo ci si potrà lasciare inebriare dal profumo di zucchero, mandorle e cacao ma anche fare un tuffo nella storia del confetto grazie al già citato Museo.

La tradizione della produzione del confetto arriva dai Romani che erano soliti usare confetti per festeggiare unioni e nascite, ovviamente i confetti di allora non erano prodotti con gli stessi ingredienti, infatti al posto dello zucchero veniva utilizzato del miele.

Tracce storiche le possiamo ritrovare in scritti riguardanti la famiglia dei Fabi, 447 a.C. e negli scritti di Apicio 37 d.C., amico dell'imperatore Tiberio.

La fabbricazione dei confetti moderni, iniziò a Sulmona nel XV secolo, testimonianze si trovano presso l'archivio del Comune in documenti datati 1492 - 1493 .

Altro primato della città di Sulmona è la lavorazione artistica del confetto, infatti presso il monastero di Santa Chiara, sempre nel XV secolo, vengono utilizzati confetti legati con fili di seta, per la preparazione di fiori, grappoli, spighe e rosari.

Certo è, che tuttora la patria mondiale del confetto spetta di diritto alla Città di Sulmona, dove esiste anche il "Museo dell'arte e della tecnologia confettiera", monumento nazionale.

Il confetto tipico è formato da un nucleo interno, detto anima, costituito da una mandorla intera, del tipo Pizzuta di Avola, sgusciata e pelata, rivestito da strati di zucchero sovrapposti per successive bagnature.
Il confetto mantiene la forma del seme di mandorla, fortemente appiattito, con assenza di screziature e lesioni.

La superficie esterna è liscia, bianca con riflessi porcellanati. Le dimensioni ed il peso del confetto variano in funzione del calibro della mandorla impiegata. L'anima del confetto può essere costituita anche da altri ingredienti (nocciola, cannella, cioccolato, canditi vari, pistacchio, frutta secca rivestita da strati di zucchero o di cioccolato).

Forma e dimensioni del confetto varieranno in tal caso in funzione dell'anima. Per ottenere la zuccheratura vengono utilizzate delle macchine dette bassine, esse sono delle caldaie preferibilmente in rame o acciaio, in continua rotazione, dove vengono lavorate le mandorle con lo zucchero.

Altra curiosità sicuramente di origine più recente, è la colorazione esterna; ad ogni colore corrisponde una determinata cerimonia, un lieto avvenimento, una importante ricorrenza; si può dire che il confetto accompagna l'uomo negli avvenimenti più importanti della sua vita. Sono bianchi i confetti per il Matrimonio, la Prima Comunione e la Cresima. Azzurri o Rosa per il Battesimo. Verdi per il fidanzamento. Sono rossi quelli per la laurea e variopinti quelli che si usano per festeggiare i compleanni.

Ma Sulmona non è solo confetti, anzi.

L'aglio rosso di Sulmona

Varietà unica in Italia, l'aglio "Rosso di Sulmona" nasce e si riproduce esclusivamente nella Conca di Sulmona e Valle Peligna, dove viene coltivato da secoli.

Lo si riconosce dalle caratteristiche tuniche color rosso porpora, che avvolgono ogni singolo spicchio o bulbillo, ed è la specie più pregiata ed apprezzata tra quelle prodotte in Italia, grazie anche alle sue ineguagliabili peculiarità.
E' un aglio particolarmente aromatico per la presenza di solfuri di allile presenti in concentrazioni elevate nel bulbo.

Utilissimo in cucina, per aromatizzare qualsiasi piatto, dà il massimo di se in piatti dov'è principe: provatelo con i classici spaghetti aglio e olio o "strusciato" sulla classica bruschetta... ne apprezzetere tutto l'aroma e il sapore che lo contraddistinguono.

Per mitigarne il gusto il consiglio è quello di usarlo in "camicia" cioè senza togliere agli spicchi la buccia.Rispetto all'aglio bianco e rosa, il "Rosso di Sulmona" presenta una testa più grande, (regolare e perfettamente conformata), più ricco di olii essenziali (come dimostrano l'odore e il sapore particolarmente penetranti), si conserva a lungo ed è l'unico a generare uno scapo florale (localmente chiamato zolla) che viene estratto dalla pianta circa un mese prima della raccolta.

Lo scapo florale si consuma fresco, conservato sottolio o in agrodolce ed ha un gusto meno deciso dell'aglio, pur mantenendo le stesse proprietà farmacologiche ed alimentari della pianta madre. L'ecotipo "Rosso di Sulmona" è stato inscritto al registro varietale nazionale con Decreto Ministeriale di iscrizione del 28/03/1992.

FONTI : La Giostra Cavalleresca - conoscere.abruzzoturismo.it/