Territorio

Trapani

In questa terra di confine, dove transitano da sempre imbarcazioni dai galeoni prima spagnoli e poi arabi, fino agli odierni pescherecci, traghetti e navi da crociera, si incontrano i sapori più particolari dell’isola.

Della provincia di Trapani fanno parte alcuni centri pittoreschi e caratteristici come Erice, San Vito lo Capo, Castellammare del Golfo da un lato (Est) e Marsala, Buseto Palizzolo, isola di Pantelleria e Calatafimi Segesta dall’altro (Sud Ovest).

Di particolare importanza anche per l’economia locale è la produzione di Corallo e le Saline comprese tra Trapani e Mothia "Ettore Infersa” oltre al turismo rivolto alle rovine della Valle dei Templi.

Erice è un centro medievale arroccato su una rupe da cui si possono ammirare le coste e il mare aperto della Sicilia settentrionale e nord-occidentale fino quasi a giungere alle Egadi.

Ciboviaggiando si è soffermato nel piccolo centro di Buseto Palizzolo nell’Agro Ericino dove si produce la DOC "ERICE”.

Una estesa varietà di vitigni, autoctoni e internazionali trovano qui caratteristiche pedoclimatiche ottimali: Nero d'Avola, Perricone, Pignatello, Sangiovese, Frappato, Inzolia, Catarratto, Grillo, Grecanico, Trebbiano, Cabernet, Syrah, Merlot e Chardonnay.

Attorno all’area trapanese sorgono le splendide riserve naturali come la Riserva delle Saline di Trapani e Paceco a ridosso della città e la Riserva Monte Bonifato, la Riserva dello Stagnone a Marsala, l’Area Marina Protetta delle Egadi, la Riserva di Monte Cofano, la Riserva Bosco d'Alcamo, la Riserva Lago Preola e Gorghi Tondi e la Riserva dello Zingaro.

Ad Erice valgono bene una visita il Giardino del Balio, il Museo Civico, la Chiesa Madre.

Qui si trova anche il Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana, in cui, per tutto l'anno, vengono organizzati seminari e incontri tra i più grandi scienziati del mondo.

Il Cous Cous

Trapani per la sua quasi centralità nel Mare Mediterraneo ha sempre accolto culture diverse e si è mescolato ad esse.

Uno dei prodotti rimasti indenni dal meltin’ pot culturale e gastronomico è il Cous Cous, originario del Maghreb ma diffuso in tutti i paesi nordafricani che si affacciano sul Mediterraneo fino al Medioriente.

Il Cous Cous è un amalgama di farine di semola sapientemente ridotte in grumi con il solo movimento circolare delle mani sul vassoio (rotondo) di preparazione. Il preparato poi viene posto in una couscoussiera il cui fondo riporta dei piccoli fori.


Questa poggia su un altro recipiente di coccio su cui bolle del brodo vegetale (o anche di pesce o di carne). I due recipienti vengono sigillati con impasto di farina ed acqua.

I vapori del brodo in ebollizione vanno poi ad insaporire i grumi di semola.

Il cous cous viene poi servito in altro piatto di coccio con coperchio a cono (tajine) e condito con gli ingredienti del brodo (verdura, pesce o carne o misti).

Può essere considerato di diritto un cibo di strada in quanto è d’obbligo mangiarlo con le mani!

A San Vito Lo Capo a Settembre di ogni anno si tiene un Festival gastronomico dedicato al prodotto in questione.

La Sicilia a tavola

È talmente vasta e complessa la cultura e tradizione enogastronomica siciliana, a causa forse delle differenti invasioni ripetute nei secoli, che certo risulta difficile riportarne le fila in queste poche pagine ma Ciboviaggiando ha voluto percorrere il territorio percorrendo una linea immaginaria che dalle pendici dell’Etna passando per Enna giunge fino alla provincia di Trapani.

In tal modo si riuscirà a farvi "degustare” l’isola attraverso i suoi vini più prelibati, i suoi prodotti di nicchia, i formaggi e gli agrumi fino ad illustrare quei cibi della tradizione nomade e povera di cui la Sicilia è regina indiscussa.

A cornice dei tanti sapori e colori non si poteva non citare il Baglio, ovvero quel cortile interno ai casolari dove si svolgeva la maggior parte della vita di campagna durante il periodo della Mezzadria per l’espletamento delle attività agricole (spremitura del vino e raccolta delle olive e trattamento dei prodotti della terra).

Tuttavia la tradizione che meglio contraddistingue la cultura siciliana è sempre stata la cucina di strada.

Prima ancora che nelle tavole delle famiglie siciliane e nei ristoranti l’uomo si è alimentato nel corso del suo peregrinare da una terra all’altra bivaccando e/o cucinando alimenti semplici e facilmente reperibili.

Oggi nei mercati rionali di Catania e Palermo (Ballarò e Vucciria), nelle fiere di paese di tutta l’isola e agli angoli delle strade e nelle piazze si trovano tante edicole votive quante bancarelle ove si cuociono e si vendono vere e proprie leccornie retaggio degli anziani ma oggi anche di giovani e stranieri.

Questi sono:

  • Arancini (o Arancine): grossi supplì di riso originariamente di forma sferica (come arance) ma prodotte in altre forme (cono, sfera allungata) per contradistinguerne la ricetta di preparazione (sugo, piselli, prosciutto cotto, mozzarella...);
  • Pani ca’ Meusa: semplice: panino soffice con semi di sesamo farcito con milza di vitello fritta nello strutto; maritata: come sopra con aggiunta di ricotta e/o formaggio;
  • Sfinciuni (o Spinciuni): pasta di pizza ben lievitiata condita con salsa di pomodoro e acciughe senza mozzarella;
  • Pane Cunzatu: panino (tipica Vastedda siciliana) condito con olio E.V.O., sale, origano pomodoro fresco e acciughe.
  • Stigghiole: interiora di agnello avvolte in budellino di pecora e cotte sulla brace.
  • Pane e Panelle: panino farcito con losanghe di pasta di farina di ceci fritte.

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